L’Associazione HAMEF a Napoli durante il Coronavirus

La solidarietà tra stranieri

Valeria Saggiomo

 

1. Premessa

L’articolo prende in prestito, parafrasandolo, il titolo evocativo del libro di Habermas La solidarietà tra estranei (1998) per discutere l’impegno solidaristico che le associazioni di immigrati hanno profuso nella gestione dell’emergenza indotta dal Coronavirus a Napoli, contrastando gli effetti sociali ed economici negativi delle misure di contenimento sulle fasce più deboli della popolazione. Ciò che è successo a Napoli per iniziativa delle associazioni di immigrati nei mesi di marzo e aprile 2020 è qualcosa di nuovo che non si era mai verificato prima. Di fronte alla situazione di emergenza sociale, l’associazionismo immigrato si è mobilitato, coordinato e ha agito autonomamente rispondendo ai bisogni espressi da famiglie immigrate e napoletane a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Questo breve articolo, che si basa su una testimonianza diretta e su interviste in profondità condotte tra aprile e maggio, offre un tributo ad attori sociali largamente oscurati dalla stampa e da una retorica tendenziosa e a tratti tossica che rappresenta gli immigrati e il loro associazionismo come un peso sociale a gravare su una collettività già allo strenuo delle sue forze. In opposizione a questa visione, si offre qui una testimonianza del ruolo delle associazioni di immigrati come parte attiva della società, in grado di intercettare e rispondere ai bisogni del territorio in un momento di crisi come quello presente. Si intende così rendere contezza del ruolo di innovatori sociali che le associazioni di immigrati cominciano ad avere a Napoli, e riflettere in maniera più ampia sul concetto di solidarietà e sul suo significato in questo momento storico. Oggi infatti la società intera è chiamata a identificare un percorso di uscita dalla crisi generata dalla pandemia da Coronavirus, e, come il sociologo francese Edgar Morin suggerisce, è opportuno farlo come un’occasione di rinascita, di rifondazione di un nuovo umanesimo, meno esposto alle tentazioni neoliberiste, meno egoista, più rispettoso dell’ambiente e più solidale.

 

2. L’Associazione Hamef a Napoli durante il Coronavirus

 

Fatou Diako è una giovane donna originaria della Costa d’Avorio. Nel 2012, Fatou fonda l’associazione Hamef a Napoli, una organizzazione di volontariato senza scopa di lucro che persegue finalità di solidarietà sociale nella tutela dei diritti degli immigrati e di cooperazione internazionale in Costa d’Avorio. Inizialmente estranea al mondo dell’associazionismo locale, Fatou entra presto in contatto con le maggiori organizzazioni promosse da immigrati a Napoli, anche attraverso le opportunità di socialità offerte dai corsi di formazione per associazioni immigrate offerte a Napoli dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni nel 2015, 2016. Il capitale sociale generato all’interno di quei corsi di formazione germoglia e si moltiplica proiettando Fatou Diako e l’associazione Hamef in una dimensione di reti sociali e professionali che in quegli anni si stavano rafforzando a Napoli. Nel 2018, Hamef cambia sede per trasferirsi nello spazio di co-working offerto dalla società Senegalese SENASO che ha sede in Piazza Garibaldi, nei pressi della stazione centrale. Questo passaggio risulta fondamentale per strutturare l’associazione con una sede dedicata e per collegarla con le attività che ruotano attorno al mondo dell’associazionismo Senegalese, ben più radicato nel tessuto sociale, politico ed economico della città. Strategicamente, l’associazione Hamef accoglie soci ivoriani e italiani tra cui giovani studenti universitari in grado di contribuire con il proprio bagaglio culturale e professionale. Nascono così iniziative di autofinanziamento rilevanti, come ad esempio l’organizzazione di eventi culturali anche internazionali, che saranno poi in grado di generare i fondi necessari per avviare attività di sviluppo in Costa d’Avorio, come il progetto per la riabilitazione di quattro pompe idriche nel villaggio di Broudoumé che nel 2019, in partenariato con l’impresa Mutuelle de Dévéloppement de Broudoumé ha dotato il villaggio di quattro punti di raccolta d’acqua e organizzato la formazione di giovani del villaggio per la loro manutenzione ordinaria1. Ogni viaggio di ritorno di Fatou Diako al suo paese di origine è il punto di partenza di un nuovo progetto, come ad esempio quello che riguarda la costituzione di una micro-impresa di donne per l’elaborazione della manioca da definirsi nel corso del 2020, quando sarà possibile viaggiare in sicurezza.

A marzo 2020, sin dai primi giorni di confinamento nelle proprie abitazioni, Fatou Diako attraverso la sua associazione si è mobilitata per rilevare i bisogni delle comunità immigrate a Napoli che, colpite dal fermo improvviso delle loro attività di piccolo commercio soffrivano la mancanza di liquidità per provvedere ai bisogni alimentari.

 

Non potevo starmene tranquilla a casa mia, sapevo che c’erano giovani madri come me che non sapevano come acquistare i pannolini per i loro figli e famiglie intere che non sapevano come fare la spesa perché le loro attività di commercio erano state interrotte. Nel mio quartiere c’era un italiano, padre di tre figli, che non sapeva come fare per comprare da mangiare. (Fatou Diako, 28 aprile, 2020)

 

Il primo passo che Fatou compie è quello di chiedere il supporto delle comunità di migranti attraverso il gruppo WhatsApp che riunisce i partecipanti al tavolo della Consulta per l’immigrazione del Comune di Napoli. Questa rete di contatti gestita dal responsabile per l’immigrazione della Cgil Campania, riunisce tutti i rappresentanti delle associazioni di immigrati sul territorio e dell’associazionismo campano che si occupa di immigrazione. All’appello di Fatou risponde subito la Ong Slow Food Napoli, che mette a disposizione un fondo per fornire cash alle donne bisognose attraverso una ricarica di 50 euro sulla carta poste pay di cui sono titolari alcune delle giovani madri destinatarie. Inoltre, attraverso la rete di piccoli produttori, Slow Food Napoli riesce a fornire generi alimentari di base da distribuire alle famiglie bisognose. Anche il sindacato Uil attraverso l’associazione Unione italiana degli immigrati in Campania, si unisce presto a Slow Food nel finanziare l’erogazione di contanti per le donne beneficiarie. La catena di distribuzione delle carte prepagate organizzato da Fatou Diako prevedeva l’attivazione dei rappresentanti delle associazioni di comunità presenti a Napoli; in particolare la comunità sengalese è affidata all’Associazione senegalesi di Napoli, la comunità ivoriana ad Hamef, la comunità nigeriana all’associazione Vivlaviv, quella del Gambia alla Italian-Gambian Association, le comunità dell’est Europa all’associazione Bellarus e così via. Attraverso i loro rappresentati, queste organizzazioni, insieme alla cooperativa Casba anch’essa composta da immigrati, hanno rappresentato il tramite per arrivare alle comunità di riferimento, mentre Slow Food e la Uil coprivano le spese iniziali.

Durante le prime due settimane di confinamento si costituisce un gruppo di distribuzione dei generi

alimentari, con base logistica dapprima a casa della stessa Fatou, poi, in modo più organizzato nella sede dell’Associazione senegalesi di Napoli a Piazza Garibaldi. Servono mascherine e dispositivi di protezione personale per effettuare la distribuzione che vengono donati dalla Comunità Cinese a Napoli, contattata sempre attraverso il gruppo WhatsApp, che rappresenta un vero e proprio strumento di gestione della rete in emergenza, assicurando una comunicazione trasparente, veloce e inclusiva durante la fase di organizzazione dell’aiuto. L’associazione Rotary di Ottaviano dona 500 kg di pasta, altre donazioni da parte delle persone vicine a Fatou seguono. Presto il gruppo di sostegno riesce a far fronte ai bisogni di circa duecento famiglie tra Napoli e Provincia. Nel mese di aprile, Fatou entra in contatto con ActionAid Italia

 

1 Il progetto delle pompe d’acqua è stato presentato da Fatou Diako nel dicembre 2019 all’Università degli Studi di Napoli «L’Orientale», nell’ambito del corso di Cooperazione internazionale allo sviluppo. che decide di elaborare un progetto per strutturare il gruppo di sostegno e replicare l’iniziativa a Milano.

Nasce così il progetto Seeds (Saisir l’égalité puor echapper à la destruction de la societé) con un focus a Napoli nei quartieri del Vasto, di piazza Garibaldi e di Forcella. La rete di supporto che Seeds valorizza è quella organizzata da Fatou e dalle altre organizzazioni immigrate spontaneamente durante il mese di marzo, attraverso il gruppo WhatsApp della Consulta. L’apporto di ActionAid conferisce al gruppo di supporto un’organizzazione più professionale. Il progetto prevede il coinvolgimento diretto dei beneficiari degli aiuti nella distribuzione, creando forti legami di collaborazione tra i partners, inclusi i beneficiari che vengono coinvolti nella preparazione e distribuzione dei generi alimentari. Viene costituito un gruppo di comunicazione che raccoglie le storie di vita legate al progetto con l’obiettivo di pubblicarle sul web.

 

Con Seeds non eravamo più solo un gruppo, eravamo diventati una famiglia! Per me lavorare con ActionAid è una vera e propria scuola di gestione in emergenza, sto imparando moltissimo e mi serve per fare sempre meglio il nostro lavoro di aiuto e sviluppo. (Fatou Diako, 15 Maggio 2020)

 

L’iniziativa di Fatou Diako arriva all’attenzione del gruppo Migrazione&Sviluppo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni a Roma che si attiva per darne visibilità attraverso la produzione e diffusione di un piccolo video diffuso sul web. Il video raggiunge altre comunità immigrate in Italia e Cleophas Adrien Dioma, Presidente del gruppo Migrazione e Sviluppo del Summit nazionale delle Diaspore, organismo finanziato dall’Agenzia italiana di Cooperazione allo sviluppo. Grazie ad una rete transnazionale l’iniziativa di Fatou Diako arriva all’attenzione della stampa in Costa d’Avorio. Il quotidiano ivoriano Le Jour pubblica un articolo su di lei, evidenziando il ruolo della diaspora ivoriana per lo sviluppo dei paesi di destinazione (L’Ivorienne Fatou Diako et Seeds au secours des familles en difficoulté, Le Jour, n. 4325, 22 aprile 2020) e la televisione nazionale ivoriana (Radiodiffusion-Télévision ivoirienne -RTI) riprende la notizia diffondendo la storia di Fatou Diako a Napoli.

 

3. Solidarietà e sviluppo

 

La storia di Fatou Diako e delle associazioni di immigrati durante il Coronavirus offre la possibilità di soffermarsi sulla solidarietà che è emersa, come qualcosa che si solleva dal basso della nostra inconsapevolezza.

Solo una quindicina di anni fa, il politologo americano Robert Putnam, nel noto saggio La tradizione civica nelle regioni italiane (1993) arriva ad affermare che la differenza di sviluppo delle regioni del settentrione e del meridione d’Italia sia dovuta al venir meno, al sud, di quei fattori di civismo e di solidarietà cittadina che hanno determinato invece lo sviluppo del Centro-Nord. La teoria che Putnam sostiene, maturata in anni di ricerche sui fattori che rendono efficienti uno Stato, poggia sull’idea che a causa di fattori storici al Meridione non si sia sviluppato quel livello di capitale sociale sufficiente a generare sviluppo. Il capitale sociale, ovvero l’insieme di relazioni interpersonali necessarie a raggiungere uno scopo rappresenta un fattore determinante per l’efficienza dei sistemi politici, e di conseguenza per lo sviluppo. Un elevato livello di capitale sociale in una società indica quindi una forte coesione e un buon livello di solidarietà che tiene insieme, come un collante, i suoi membri. La solidarietà inoltre favorisce la tendenza dei singoli a osservare comportamenti desiderabili per il gruppo, come ad esempio un basso tasso di criminalità. Ecco come per Putnam la solidarietà, che nell’analisi degli anni ’70-’90 mancava al Mezzogiorno, appare un fattore determinante per lo sviluppo.

In sociologia il tema della solidarietà come collante dei gruppi sociali è stato largamente dibattuto, a partire dalla fine dell’800 quando il sociologo francese E. Durkheim ne La divisione del lavoro sociale, parlando di solidarietà organica teorizzò che nelle società moderne vi fosse interdipendenza reciproca tra i membri di una comunità, dovuta alla divisione del lavoro e alla specializzazione di ciascun membro il quale assume un significato solo se posto in relazione di complementarietà con gli altri. Secondo questa visione la società e le sue componenti sono concepiti come un corpo umano, i cui organi, tutti diversi e indispensabili, collaborano tra loro per garantire la vita e il benessere dell’organismo. La solidarietà, è una condizione indispensabile al funzionamento delle società perché l’individuo non è autonomo, così come un organo, da solo, non assicura la vita del corpo.

Oggi diremo che la visione di Durkheim rimanda al concetto di rete che è tanto più solida quanto più essa è imbevuta di solidarietà. Ma le reti, come ci insegnano le più recenti teorie dei network sociali non sono luoghi immobili e immutabili. Esse, invece, sono vive, mutevoli, dinamiche come tutti i luoghi di socialità: si inspessiscono e si assottigliano, escludono o inglobano attori sociali che a loro volta sono i protagonisti di questi luoghi della socialità e ne determinano le mutazioni, sospingendo le dinamiche al loro interno.

Qui, nella capacità dei singoli individui di contribuire alle metamorfosi delle reti si inserisce una prospettiva micro del concetto di solidarietà, che vede protagonista la cosiddetta agency dell’individuo. Agency è oggi termine di grande utilizzo che trova la sua etimologia nel latino agere, agire, a indicare la capacità dell’individuo di determinare il proprio destino, agendo consapevolmente per raggiungere uno scopo. La parola agency contiene così al suo interno un inno all’autodeterminazione e si discosta radicalmente dalla visione durkheimiana che invece negava al singolo la possibilità di plasmare la società. È l’individuo che costituisce i nodi della rete; è l’individuo che agisce la rete, attraverso i legami tra un nodo e l’altro; è ancora l’individuo che sceglie l’intensità di quei legami, determinando la governance della rete stessa. In altre parole, le motivazioni individuali determinano l’azione collettiva, visibile all’interno delle reti sociali.

Questa idea di porre l’uomo e la sua capacità di scegliere al centro della costruzione sociale rimanda

all’attinenza della storia di Fatou Diako e dell’associazione Hamef. Si tratta di una storia di solidarietà perché esprime la capacità di rendere solida una componente fragile della comunità, solidarietà infatti deriva dal latino solidum, ad indicare la caratteristica che conferisce solidità ad un gruppo. È una storia che parla di interdipendenza, in senso durkheimiano, perché trae la sua forza dalla rete di attori sociali presenti sul territorio. È una storia che parla di sviluppo perché mostra la capacità di proteggere i più deboli e non lasciarli indietro. Ma è anche una storia che parla di agency perché muove i suoi primi passi dall’iniziativa di una donna, migrante, che ha preso una decisione e ha agito di conseguenza, con determinazione, generando effetti positivi su molteplici livelli, da quello locale, potremmo dire «di quartiere» a quello municipale e poi nazionale ed internazionale. Per questo, la storia di Fatou Diako durante il Coronavirus è una storia del mondo globale ed evidenzia quanto le realtà territoriali siano tra loro connesse e quanto una politica di integrazione degli immigrati e di investimento sulle capacità delle persone riverberi un’immagine non positiva di Napoli nel resto d’Italia, dell’Italia in Costa d’Avorio e per estensione nel mondo.

Il testo di Habermas che ha ispirato il titolo di questa riflessione ci aiuta a comprendere meglio il concetto di solidarietà alla luce di una concezione della società contemporanea meno idealizzata rispetto a quella durkheimiana e caratterizzata invece da molteplici voci, da una pluralità di intenzionalità convergenti e divergenti, influenzate da contesti locali e dagli avvenimenti specifici in un tempo dato. Con Habermas la solidarietà viene spiegata all’interno di un sistema dotato di complessità che è più rispondente ai moderni sistemi sociali. In Solidarietà tra estranei, egli riflette sul ruolo del diritto come elemento capace di mediare tra gli interessi del singolo e gli interessi della collettività, tra l’autonomia privata ed autonomia pubblica. La solidarietà è un complemento della giustizia e diventa cosmopolita quando è ricondotta all’obbligo di prestare aiuto a seguito delle interdipendenze della società planetaria (Camboni, 2018, pp. 86-87), come è avvenuto a Napoli tra marzo e aprile 2020.

 

Riferimenti bibliografici

 

Camboni F., 2018, La solidarietà come concetto filosofico. Biblioteca della libertà, LIII, gennaio-aprile, n. 221,

 

Nuova serie, https://www.centroeinaudi.it/images/abook_file/BDL-221_Camboni.pdf (10/05/2020)

Habermas J., 1998, Solidarietà tra estranei, Guerini Editore, Milano.

Durkheim E., 1893, La divisione del lavoro socialeI, Il Saggiatore, Milano, edizione 2016.

Putnam R., 1993, La tradizione civica nelle regioni italiane, Mondadori, Milano.

Intervista a Edgar Morin, 2020, Cette crise nous pousse à nous interroger sur notre mode de vie, sur nos vrais besoins masqués dans les aliénations du quotidien, «Le Monde», 19 aprile, https://www.lemonde.fr/idees/article/2020/04/19/edgar-morin-la-crise-due-au-coronavirus-devrait-ouvrir-nos-esprits-depuis-longtempsconfines-sur-l-immediat_6037066_3232.html.

 

Articolo pubblicato il 20 maggio 2020

https://www.ediesseonline.it/riflessioni-sullemergenza-e-oltre/

 

 

Valeria Saggiomo insegna Cooperazione Internazionale allo Sviluppo all’Università degli Studi di Napoli «L’Orientale». La sua ricerca verte sul nesso tra migrazione e sviluppo, con particolare attenzione al ruolo delle diaspore come attori di sviluppo nei contesti di accoglienza e in quelli di origine. Su questo tema, ha collaborato con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, con Ong nazionali ed internazionali. Sulla Rivista delle Politiche Sociali ha pubblicato anche Imprenditori immigrati e attivismo sociale a Napoli (4/2019) e L’associazionismo migrante a Napoli e la cooperazione allo sviluppo (2/2019).

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